Uomini e lupi: una convivenza possibile

La scienza aiuta a gestire il conflitto e prevenire le possibili predazioni

( Sassalbo, 25 Novembre 2011 )

Il Parco delle Foreste Casentinesi ha ospita, in questi giorni, il secondo meeting del network istituzionale degli Enti che partecipano al Life Wolfnet, progetto voluto e finanziato dalla Comunità Europea per condividere le misure di conservazione e gestione del lupo nell'ambito territoriale dell'Appennino. Tra i tanti interventi anche quello del Dottor Willy Reggioni, responsabile del Servizio conservazione della natura del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano. Ai colleghi riuniti a Santa Sofia, il tecnico del Parco ha presentato alcune riflessioni: “Vecchi conflitti e nuovi elementi di tensione nella gestione del rapporto uomo-lupo nell’Appennino Tosco Emiliano”

«Dal 2000 - spiega Reggioni - abbiamo iniziato un’esperienza di monitoraggio della presenza del Lupo in una vasta porzione d’Appennino Tosco Emiliano, corrispondente con il territorio di tre Parchi della Regione Emilia Romagna che a loro volta coincide con la porzione più meridionale delle Province di Parma, Reggio Emilia e Modena.

Un sistema organico di monitoraggio su larga scala rappresentava una priorità identificata anche dal Piano d’azione nazionale per la conservazione del Lupo. D’altronde per affrontare le principali problematiche legate alla presenza di questo predatore è necessario avere informazioni adeguate e affidabili sulla sua presenza intesa come: occupazione spaziale, consistenza numerica, composizione dei branchi locali, nonché un confronto sui dati raccolti in aree geografiche differenti o in periodi diversi. Questa attività di osservazione prosegue oggi con il progetto Life ExTRA».

Proprio grazie a questo progetto i ricercatori del Parco hanno potuto svolgere anche una prima mappatura genetica dei lupi presenti sul crinale dell’Appennino Tosco Emiliano. Queste ricerche hanno permesso di evidenziare la presenza di diversi esemplari nati dall’incrocio lupo-cane, detti ibridi.   

«La presenza di questi ibridi  - spiega il ricercatore - è stata accertata, già a metà degli anni 2000, grazie al contributo della genetica molecolare non invasiva, realizzata presso il laboratorio dell’Ispra di Ozzano Emilia, a partire da campioni fecali raccolti  nell’area del progetto. La fase di raccolta dei campioni sul campo e le analisi di laboratorio hanno richiesto uno sforzo enorme, ma i risultati sono molto interessanti. In particolare sono stati consegnati 583 campioni; di questi 305 sono stati tipizzati: il 96% sono risultati di lupo. I genotipi risultati ibridi sono due».

Per affrontare i conflitti uomo-lupo, nell’ultimo anno i tecnici del Servizio conservazione della natura del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano hanno sollecitato l’attivazione di una nuova convenzione con l’ISPRA per le analisi genetiche al fine di poter identificare nuovamente la presenza di ibridi. In più hanno attivato campagne di sensibilizzazione per aumentare la consapevolezza sulla minaccia rappresentata dagli ibridi e per far diminuire la presenza di cani liberi. Funzionali a tale scopo sono le convenzioni stipulate con le ASL locali e la Provincia di Reggio Emilia. Inoltre è stato attivato un network tra pubbliche amministrazioni affinché si crei una rete di gruppi d’interesse che potrebbero contribuire allo sviluppo delle migliori soluzioni anche nel lungo periodo.

«Su questo fronte – conclude Reggioni - per anni abbiamo concentrato i nostri sforzi, ma la percezione che abbiamo è che si vada verso un nuovo fronte di conflitto. La presenza del lupo e di ibridi in aree a forte antropizzazione (fascia collinare) e il successo della "pastorizia di ritorno" (praticata generalmente da persone provenienti da esperienze diverse richiamata in Appennino da scelta di vita più vicino ai ritmi della natura, ma spesso impreparate ad affrontare questi problemi) spinge a porre una fin troppo facile enfasi sulla pericolosità di questi predatori. In mancanza di una strategia nazionale definita attraverso un percorso condiviso, il Parco Nazionale ha stabilito convenzioni e protocolli operativi, offrendosi come centro di riferimento, localmente presente e affidabile, per concertare e adottare soluzioni efficaci a problemi comuni: nasce così il WAC del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano, al quale contribuiscono le Province di Reggio Emilia, di Modena e di Massa Carrara, le Asl locali e gli Ambiti territoriali di caccia. Questo strumento è quello che, anche nell’immediato futuro, ci permetterà di affrontare e risolvere i conflitti».
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Un parco tra Europa e Mediterraneo

L'Appennino che si innalza tra il mare di Toscana e la pianura dell'Emilia, respira le arie dell'Europa e quelle del Mediterraneo.
Il Crinale corre sul filo dei 2000 metri.
È un sentiero, sospeso tra due mondi che nelle 4 stagioni cambiano, ribaltano e rigenerano i colori, le emozioni, i profumi e le prospettive.
Si concentra qui gran parte della biodiversità italiana favorita dalla contiguità della zone climatiche europea e mediterranea.
Oggi sempre di più sono turisti ed escursionisti, con gli scarponi, con i bastoni, con le ciaspole o i ramponi, con gli sci e con le biciclette. Ognuno può scegliere il modo di esplorare questo mondo, da sempre abitato e vissuto a stretto contatto con la natura e le stagioni che dettano ogni giorno un'agenda diversa.

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