Il patrimonio del Parco disponibile a tutti
( Sassalbo, 25 Maggio 2012 )La Giornata europea dei Parchi è anche un’occasione per fare un ‘bilancio biologico’, per parlare della natura dell’Appennino e del suo patrimonio in biodiversità. La diversità biologica, intesa come variabilità degli organismi viventi e degli ecosistemi.
«La prima volta che è stato chiesto di spiegare che cosa è la biodiversità, la risposta ha tardato più di un anno a venire – spiega Willy Reggioni, responsabile dei progetti scientifici del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano – Un concetto, quindi, difficile da sintetizzare. Un metodo riduttivo, ma efficace, per misurare la biodiviersità di un territorio è possibile attraverso la valutazione del numero di specie presenti. Conoscere le specie che vivono nel territorio del Parco Nazionale non è semplice; richiede un lavoro sul campo lungo e complesso. Un lavoro che noi abbiamo fatto solo in minima parte».
Nel Parco, ci spiega il ricercatore, sono presenti circa 2000 specie. Possono sembrare tantissime o pochissime; se consideriamo che il numero di specie conosciute è circa 1.750.000, è facile capire che nel Parco si trova lo 0,005% del numero di specie “stimate” al mondo.
Nel Parco Nazionale è stata accertata la presenza di almeno 42 specie di mammiferi, il 36% delle specie presenti in Italia. Visto, però, che la porzione di Appennino settentrionale di competenza è piccolissima (260 km quadrati) il numero non è certo esiguo. Solo l’Orso manca all’appello. Le specie di maggiore d’interesse conservazionistico sono 5: il Lupo e 4 specie di pipistrelli.
«Si potrebbe dire che sono animali brutti e cattivi - continua Reggioni - Non abbiamo il Panda gigante che naturalmente metterebbe tutti d’accordo circa la necessità di salvarlo dall’estinzione e che quindi ci renderebbe facile la possibilità di lavorare sul fronte della conservazione. Eppure questo non deve rappresentare un alibi per un disimpegno nei confronti della conservazione. I pregiudizi non devono prevalere. Anche noi abbiamo animali paragonabili a quelli più amati: la nostra “balenottera” è il cervo, che se maschio adulto può arrivare a 300 kg. La nostra “gazzella” è il capriolo, ‘pensato e progettato’ per saltare. Il nostro “orso” è il piccolo “tasso”. Le nostre specie “aliene” sono la marmotta e il muflone. L’ultima arrivata è l’istrice».
Se diamo un occhio al cielo, invece, scopriamo che nel nostro Parco sono presenti il 43% del totale delle specie di uccelli nidificanti sul territorio italiano: 108. Tra queste l’Aquila Reale, il Falco pellegrino e l’Albanella minore.
«Il nostro pezzo forte, però, sono anfibi – dice Reggioni - I nostri draghi sono il Tritone crestato, la Salamadrina dagli occhiali e la salamandra pezzata. Mentre nelle fresche faggete del Parco, vive un ricordo dell’ultima glaciazione: la Rana temporaria.
Tra le specie d’insetti più importanti vi sono alcune Libellule, alcune farfalle e anche un coleottero, l’Osmoderma eremita, che sempre in tema di specie brutte potrebbe essere facilmente scambiato per uno scarafaggio ed essere tramortito senza tanti scrupoli dalla maggior parte delle massaie tosco-emiliane; eppure è una specie rarissima e in via di estinzione che concorre alla biodiversità mondiale alla stessa stregua del Panda gigante. Peccato che nessuno si strapperà i capelli se la perdessimo entro i prossimi dieci anni».
La flora merita sicuramente un discorso a parte, anche perché l’Appennino è ricchissimo di specie; sono circa 1.800 le piante superiori. Ogni volta che i botanici indagano il territorio del Parco scoprono specie nuove, o meglio specie delle quali non se ne conosceva la presenza. Molti sono gli endemismi: la primula appenninica, si trova solamente in questa porzione di Appennino e in nessun’altra parte del mondo. Stessa cosa per la Vicia del Cusna.
«Alla luce di quanto detto – conclude Reggioni – due raccomandazioni: prendere coscienza che anche il territorio del Parco nazionale è ricco di specie e quindi di biodiversità; questo patrimonio naturale è disponibile a tutti; tutti i giorni godiamo dei suoi benefici, ma se calzassimo più sperso le scarpette da montagna ce ne renderemmo conto un po’ di più e vivremmo meglio».
Silvia Baglioni Ufficio Stampa Parco Nazionale Appennino Tosco Emiliano +39 3398270724 – ufficiostampa@parcoappennino.it www.parcoappennino.it