Nuove opportunità per la montagna

( Sassalbo, 20 Ottobre 2015 )

Si è svolto lunedì 19 ottobre a Castelnovo né Monti un convegno dedicato al Piano Forestale Regionale e il Piano di Sviluppo Rurale dell’Emilia Romagna. Riportiamo l’intervento del Direttore dell’Ente Parco Nazionale, Giuseppe Vignali.

"Presentato il nuovo Piano forestale regionale e il PSR dell’Emilia Romagna con specifico riferimento alle misure che riguardano fondamentalmente le foreste. Ci arriviamo come sempre un po’ “in apnea”, dopo la fine della passata programmazione e le risorse della nuova che tardano a venire. Saluto quindi anch’io con molto piacere i fondi che stanno per arrivare e ringrazio chi ha pensato, lavorato, approvato, presentato, eccetera. I consorzi forestali, le cooperative e le imprese di questo settore sono un patrimonio importante per la parte più alta dell’Appennino e pur essendo numericamente ed economicamente modesti sono viceversa determinanti per la tenuta sociale e per quella che impropriamente viene definita la manutenzione del territorio appenninico. Mi sento legato a queste imprese perché so quanto è importante ogni singolo posto di lavoro da mantenere lassù, nelle frazioni più alte dell’Appennino. Mi sono sempre dato da fare per reperire risorse sui più svariati strumenti finanziari e metterli a disposizione del lavoro forestale anche quando sapevo che gli interventi avrebbero dato minimi miglioramenti in termini di funzioni pubbliche del bosco, ma erano importanti per l’occupazione. L’apnea finanziaria però fra una programmazione e l’altra testimonia la dipendenza quasi totale di queste imprese dalle opere pubbliche nel settore forestale e questo non è un sintomo buono, significa che non abbiamo lavorato al meglio per creare condizioni migliori con le passate programmazioni.

Ma prima delle imprese dovremmo occuparci delle foreste: arriviamo a questo nuovo programma con un patrimonio di foreste “finalmente quasi adeguato” per un paese evoluto, con una superficie che copre un terzo dell’Italia; i boschi da noi sono più diffusi che in Germania e in Francia. I boschi italiani non sono più costituiti, come negli anni ’50, da formazioni degradate da difendere dai tagli abusivi e dal pascolo caprino, ma sono una risorsa naturale e un potenziale economico da valorizzare. Se dal punto di vista dell’estensione le foreste italiane sono in forte ripresa non altrettanto si può dire per quel che riguarda la struttura, la distribuzione, la composizione fondiaria, eccetera. In molte località dell’Appennino il bosco viene percepito più come invasore di spazi, panorami, ricordi che come un valore, un presidio contro il dissesto, una risorsa positiva.

Cosa fare? E’ difficile ipotizzare una politica di gestione delle foreste non integrata con altre linee di sviluppo del territorio rurale. Dal punto di vista economico è probabile che nel futuro continui a crescere a livello globale una domanda di legname a prezzi molto contenuti e l’Italia continuerà a soffrire di limitazioni importanti alla produzione derivanti da caratteristiche intrinseche del territorio, ma anche da problematiche fondiarie, finanziarie e sociali.Le condizioni che cerca il mercato in questo momento sono quantitativi elevati di legname, certi, omogenei, per lunghi periodi, caratteristiche che le imprese italiane fanno e faranno molta fatica ad offrire.

Dunque pur considerando il bosco una risorsa anche economica usabile, c’è da chiederci se ci converrà concentrarci su legname e legna ardere, prodotti nei quali saremo certamente poco competitivi. Meglio concentrarsi su altre produzioni derivanti dalle foreste e continuare a investire per migliorarne le funzioni pubbliche (biodiversità, paesaggio, prevenzione del dissesto, regimazione idraulica, salubrità, immagazzinamento CO2). L’importante è che gli investimenti che andremo a realizzare sul patrimonio forestale generino, perlomeno nel medio periodo; anche un po’ di reddito privato.

Un settore da sviluppare ulteriormente potrebbe essere quello delle piccole centrali a biomasse con combustibile locale e soprattutto la pirolisi del legno per la produzione del Biochar, recentemente incluso tra gli ammendanti ammessi in agricoltura (Gazzetta Ufficiale n° 186 del 12-8-2015)in grado di fissare in modo permanente una frazione significativa della CO2 che le piante hanno assorbito dall’atmosfera. Altri settori possono essere i prodotti del sottobosco, la castanicoltura, ma anche lo sviluppo di tutti quei servizi immateriali che si collegano alla fruizione: accompagnamento su sentieri, ciclopiste, case sugli alberi, eccetera.

Per il successo delle azioni previste risulta irrinunciabile la collaborazione fra settore pubblico e privato e dovremo altresì creare condizioni favorevoli affinché le imprese forestali diversifichino le loro attività all’interno del settore delle foreste: meno legna, più turismo, prodotti del sottobosco, agricoltura, giardinaggio e altre attività a maggiore valore aggiunto. In Appennino ci sono esempi positivi, ma ancora troppo limitati: le entrate extra lavori pubblici devono crescere in modo consistente fino ad arrivare a valori vicini al 50% del bilancio.

Per ultima, ma non per importanza, l’identità del territorio che anche le foreste contribuiscono a determinare: i boschi cambiano continuamente e rapidamente, ma portano dentro i segni della storia, segni che non vediamo, ma percepiamo attraverso il paesaggio. Non possiamo delegare il nostro paesaggio a tagliatori affamati e improvvisati, senza una guida in grado di dirigerli. Non si può tagliare a “casaccio”, ci vuole professionalità. Il mosaico bosco –foraggere, quello del parmigiano reggiano per intenderci, è un patrimonio di grande valore e va governato nell’ambito dell’azienda agricola. L’equilibrio fra la barra falciante e la motosega e l’insieme delle linee dritte e curve che separano boschi e prati, crinali e vallettevengono da una lunghissima esperienza sedimentata nei secoli e che si rinnova sempre, ma occorre nuova arte e nuovo amore. Anche per questo dobbiamo usare il nuovo PSR!"

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