- Tempo di percorrenza: 5 ore
- Difficoltà: E - Escursionistico
- Dislivello: in salita 900 m - in discesa 350 m
- Segnavia: segnato 62 - 64 - 00 - 631 - 633
- Tappa n.2 di Traversata Appennino Tosco-Emiliano
Dall'ingresso del rifugio Isera 1201 m si prosegue sulla strada forestale, che si eleva verso est sulle pendici della Pania con un tornante. Occorre stare attenti a imboccare il sent. 62 a destra 609543N-4895869N per evitare un lungo secondo tornante (in corrispondenza di un sentierino che sale da sinistra dal rifugio).
In breve si riprende di nuovo la strada, e sempre seguendo i
Segnavia si giunge al suo termine presso l'Orto Botanico 1340 m (0.20).
Realizzato nel 1984 e collegato all'Orto Botanico di Lucca, viene
aperto con visita guidata in estate. Vi si possono riconoscere molte
specie tipiche dei terreni calcarei, dato il substrato, ed anche molte
specie appenniniche acidòfile, impiantate con il riporto di terreno
siliceo e arenarie.
Si prosegue ora a sinistra del recinto sempre sul sent. 62, che si
impenna su per il ghiaione calcareo che scende dalla parete S della
Pania di Corfino. La pendenza aumenta dopo il tornante, e infine si
risale il canalone largo e detritico fino alla sella prativa ai piedi
del dosso più alto della Pania di Corfino 1603 m 610301E-4895512N
(0.40-1.00), che si sale con deviazione a destra .
Il panorama si stende sulla Garfagnana intera, chiusa a S dalle Alpi
Apuane, e soprattutto si osserva il tessuto di campi e boschi che
circonda i paesi. In primavera una bella fioritura di specie amanti del
calcare avvolge i pascoli di vetta, dove la bianca roccia emerge
frantumata dappertutto. Il toponimo Pania ha probabilmente la stessa
radice prelatina, e alcuni dicono anche preindoeuropea, di Appennino,
"pen", per vetta, altura con riferimenti sacri. Merita una digressione
fino alla alta croce posta per essere visibile dal paese di Corfino.
Discendiamo verso l'interno, imboccando a sinistra il sent. Airone 1
verso NE, poi N, per radure e faggeta fino alla Sella di Campaiana 1499
m, dove ci si immette sul sent. 64 che proviene dalla Buca dei Lupi. Lo
seguiamo diritto in dir. NE e con breve salita attraversiamo la strada
per Campaiana in località Bastardino 1535 m 610667E-4896252N. Si
prosegue diritto sempre sul sent. 64, risalendo il crinale della Serra
di Corfino tra faggete, fino a superare la Sella di Lamarossa (1663 m
611314E-4897819N, 1.00-2.00).
Voltiamo a sinistra sul sent. 64 (sempre assieme al giallo-blu di
Airone 3), che presto esce dal bosco per salire al valico detto Bocca
di Scala 1778 m 611852E-4898176N, storico accesso ai pascoli più alti
delle greggi dei pastori di S. Romano, Verrucole e Vibbiana. Ora in
piano ai piedi del M. Bocca di Scala, il panoramico sentiero lascia
sotto a destra il rifugio Bocca di Scala e torna sul crinale alla Sella
Bocca di Scala 1767 m 612366E-4898764N (0.40-2.40).
Proseguiamo diritto ad affrontare la piramide del M. Vecchio con il
sentiero degli Scaloni, di traverso sul versante orientale, in costante
salita. Attraversato un risalto roccioso tra strati di arenarie,
un'ultima erta salita ci conduce sul crinale appenninico al Passo degli
Scaloni 1922 m 613168E-4899108N (0.50-3.30).
Si apre la vista sulla sottostante Abetina Reale, e mentre il sent. 00
di crinale volta a sinistra ma evita la vetta ormai vicina del M.
Vecchio 1983 m (0.10-3.40).
Già citato sulla carta Baldelli-Fontana del XVII sec., sulla Carta
Carandini del 1842 e su quella IGM del 1878 la vetta è chiamata "gli
Scaloni", mentre sulla prima "M. Vecchio" si riferisce al Passo, allora
assai più importante della vetta. In zona ancora pochi decenni fa si
indicava come M. Vecchio il Sassofratto ma nessuna carta avvalora il
toponimo. In ogni caso il panorama è vasto, chiuso solo a NE dal vicino
M. Prado, ma più aperto sulla Garfagnana, di cui si distinguono i paesi
uno a uno. In luglio si gode di una bella fioritura, che sul versante N
comprende una rara stazione di rododendro, oltre ad altre specie
relitte alpine. Inoltre è possibile vedere il volo di rapaci, tra cui
da alcuni decenni l'aquila reale.
Scendiamo sul crinale NE fino a recuperare il sent. 00 e con esso
procediamo lungo lo spartiacque fino al vicino Passo di M. Vecchio 1934
m 612729E-4899957N (0.20-4.00), affiancato da un bel ricovero pastorale
in pietra.
Proseguiamo in salita ora verso N, sempre sul sent. 00 fino alla vicina
vetta del M. Prado 2054 m 612459E-4900729N (0.30-4.00).
Il
panorama è davvero vasto, siamo sul punto più alto del crinale
appenninico tra le Alpi Liguri e i Monti Sibillini, solo i vicini e ben
visibili monti Cusna e Cimone sono poco più alti di noi, sporgenti sul
versante padano. Se si trova limpido lo sguardo spazia sull'arco ligure
fino alle Alpi Marittime, sulla cerchia alpina intera, sull'Appennino
tosco-romagnolo, sulle cortine di colli toscani fino al M. Amiata,
sulle isole dell'arcipelago toscano e sulla Corsica.
Scendendo
rapidamente sul crinale W, il sent. 00 ci conduce in breve alla Sella
del M. Prado 1903 m 611848E-4901086N (0.20-4.20), larga e poco incisa.
Attenzione ai Segnavia: si abbandona il sent. 00 e si scende a destra
sul sent. 631 nell'anfiteatro di origine glaciale, fino al Lago della
Bargetana 1769 m 612108E-4901447N, 0.20-4.40.
Sul fondo dell'anfiteatro, dove l'ultimo ghiacciaio dell'Appennino
tosco-emiliano si estinse attorno ai 12.000 anni fa (ma nevai perenni
si alternarono nelle fasi climatiche più fredde fino alla piccola era
glaciale "napoleonica"), restarono laghetti che nei millenni si sono
colmati di detriti trasformandosi in torbiere di grande interesse
naturalistico. La più grande fu ritrasformata artificialmente in lago
nei primi anni '70, nell'ambito di un ambizioso progetto di
valorizzazione dei pascoli. Resta un laghetto sul cui fondo si
distinguono i meandri dei ruscelli che avevano riempito la conca, e un
rifugio ora dedicato agli escursionisti. Poco a SE e poco a W del lago
si ritrovano alcune delle torbiere originarie, ora tutelate
strettamente da riserva integrale per preservare una storia
geomorfologia e vegetazionale di altissimo interesse scientifico. A
proposito, sconsigliamo un bagno ristoratore nelle acque gelide del
lago: una targa ricorda il forte civaghino Giacomo Gaspari, nel 1985
gestore del centro ippico dell'Abetina Reale.
1) Per il rifugio Bargetana (consigliato per proseguire sul percorso principale), proseguiamo dalla
piccola diga verso NW su sentiero segnato, poi si volta a sinistra per
traccia non segnata attraverso il mirtilleto, e si scende sulla strada
forestale: una volta raggiunta si segue a sinistra e in pochi minuti
spunta il Rif. Bargetana 1731 m 611677E-4902003N (0.20-5.00).
Costruito a metà anni '70 dalla Forestale come base per un progetto
sperimentale per la modernizzazione dell'allevamento ovino dei pastori
garfagnini, con alloggio e caseificio, non entrò mai in funzione:
mentre la burocrazia si dilungava con il passaggio delle competenze
alla Regione Emilia-Romagna, pastori e greggi scomparvero quasi del
tutto negli stessi anni. Gli usi civici di Soraggio, in Garfagnana,
quindi Toscana, hanno però recentemente riottenuto la proprietà per
usucapione dell'intero versante della Bargetana, lago, boschi e rifugio
compresi, rifacendosi al contratto del 1451 con i Duchi estensi di
Ferrara (cui succedettero i Savoia, poi la repubblica e infine la
Regione) che affittava loro tutto il versante N del Prado (Alpis
Fazola) in cambio di un orso vivo all'anno, poi divenuto cinghiale e
infine ducati, lire ed euro…. Nei primi anni '80 l'edificio fu
convertito in rifugio dalla Provincia di Reggio, ed attrezzato per
l'uso in autogestione da parte di gruppi. Ma i criteri di costruzione
erano pensati per la sosta estiva dei pastori, e le grandi stanze non
permisero un utilizzo fuori dai tre mesi estivi. Da alcuni anni viene
anche gestito come gli altri rifugi con servizio cucina da giugno a
settembre.
2) Per il Rifugio Battisti (consigliato
per proseguire sulla Variante per Bismantova), dal Lago della Bargetana
si scende con i Segnavia 631 sulla strada forestale: seguendola a
destra si raggiunge così in breve il valico di Lama Lite 1771 m
612959E-4901789N (0.15-4.55).
Anticamente denominata Lama dei
Caprai, questa sella pascoliva era importantissima per l'economia
dell'allevamento ovino, che pur documentato qui solo dal XV sec., era
probabilmente praticato fin dalle genti liguri. Da una mappa del XV
sec,. pare che qui vicino vi fosse una "guaita", postazione di guardia,
detta "guaita Fazolis" (Alpe Fazola o Faggiola" era denominato il
massiccio del M. Prado). Era forse giustificata con l'importanza dei
pascoli e la convergenza di confini tra le varie comunità di tre valli
(dominate allora da feudatari diversi, tra cui i Fogliani, probabili
gestori della postazione, e i Dallo), oltre ai vicini lucchesi in
Garfagnana. La dedizione di tutti i territori agli Estensi durante lo
stesso secolo fece venire probabilmente meno la necessità della
torretta di guardia. Ma trovandosi comunque sul confine tra i pascoli
assegnati a Soraggio in Garfagnana, a Gazzano in val Dolo e ad Asta in
val Secchiello, la sella fu chiamata poi comunemente Lama della Lite,
per le secolari contese di confine che impegnarono a più riprese
ufficiali, agrimensori e notai mandati dal Duca d'Este.
Si volta a sinistra sullo stradello diretto al Rif. Battisti, ma si
scende dopo pochi metri a sinistra su sentiero ben evidente (Segnavia
605), che aggira il colle con la bandiera del rifugio sul versante W.
Sul fondo della valletta si immette da sinistra un sentierino non
segnato proveniente dalla strada della Bargetana, che permette di
evitare il passaggio per Lama Lite, attraversando il vecchio tratturo
per il fondovalle Ozola tracciato negli anni '60 per collegare le due
valli e i ripiani su cui si trovarono resti di selci del mesolitico
(7000 anni fa), quando il crinale era colonizzato da querce e il clima
più caldo e secco dell'attuale. Recentemente si sono riaperte le
ricerche archeologiche.
In breve si raggiunge a mezza costa il Rifugio Cesare Battisti 1751 m 612835E-4902132N (0.05-5.00).
Il più antico e frequentato rifugio dell'Appennino reggiano fu
costruito nel 1925 come rifugio dall'UOEI (Unione Operai Escursionisti
Italiani) di Reggio Emilia, poi fu ceduto alla sezione reggiana del CAI
per non farlo incamerare dal Dopolavoro fascista. Durante la guerra fu
utilizzato dalle formazioni partigiane, cannoneggiato e incendiato tra
l'8 e il 9 agosto 1944 durante le rappresaglie nazi-fasciste. I ruderi
furono abbattuti per la ricostruzione da parte del CAI di Reggio Emilia
nel 1968 e nel luglio 1970 fu inaugurato il nuovo rifugio. Raggiunto
poi da strade forestali di servizio, fu dotato di radiotelefono nel
1979 e di celle fotovoltaiche per l'energia elettrica nel 1983. Tra il
2005 e il 2007 è stato ampliato con una nuova ala verso monte, che
favorisce la possibilità di accoglienza. Oltre a fungere da posto-tappa
per la Grande Escursione Appenninica, il Garfagnana Trekking e il
Sentiero Spallanzani, richiama escursionisti da molti sentieri
d'accesso, e spesso viene raggiunto in mountain-bike, a cavallo o con
gli sci da escursionismo attraverso le strade forestali; costituisce un
ottimo punto d'appoggio per lo scialpinismo e per l'alpinismo invernale
e le escursioni ai gruppi del Monte Prado e del Monte Cusna. L'apertura
è in genere continuativa tra giugno e settembre, nei fine settimana del
resto dell'anno. In caso di chiusura resta aperto uno spazioso locale
invernale in legno con 8 posti.